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Luxottica, i piani segreti per l’espansione in Cina


L’obiettivo è quello di portare la quota di fatturato realizzata nei mercati emergenti dall’attuale 7% al 20% entro il 2012


LUNEDI' 28 MARZO 2011- la Repubblica/Affari & Finanza

di Luca Pagni
L’obiettivo 2020 non è di sola esclusiva dell’Unione Europea. E non ha solo a che vedere con l’efficienza energetica e la minor produzione di anidride carbonica. Ma lo si può applicare anche in termini finanziari a Luxottica, il leader mondiale del mercato dell’occhialeria i cui obiettivi di crescita passano attraverso la stessa formula numerica. Il gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio per aumentare il fatturato punterà nei prossimi anni a crescere del 20 per cento nei mercati emergenti sia complessivamente sia nel settore retail, mentre un altro 20 per cento dovrà essere attribuito all’incremento delle sole vendite in Cina. Dove per sfondare secondo quanto risulta ad Affari&Finanza punterà tutto su RayBan, il marchio più noto tra quelli che fanno parte del portafoglio Luxottica.
Del resto, era stato l’amministratore delegato Andrea Guerra ad annunciare in sede di presentazione dei conti 2010 a Londra all’inizio di marzo l’intenzione di puntare tutto sui paesi emergenti, per compensare il calo dei consumi nei mercati maturi. In quell’occasione aveva ammesso che il gruppo era alla ricerca di piccole acquisizioni nel settore retail in Sudamerica e nelle aree dei paesi caldi del mondo.
In realtà, per coprire gli obiettivi di crescita del piano industriale a Luxottica servono mercati con ben altri numeri. Da qui la scelta di puntare sugli emergenti asiatici, India e soprattutto Cina. Secondo gli ultimi dati, gli emergenti rappresentano nel bilancio della società di Agordo (dal nome del comune in provincia di Belluno dove ha sede lo stabilimento originario del gruppo) circa il 7% del fatturato complessivo e il 15% della divisione wholesale (per una cifra di 300 milioni all'anno). Una quota che è previsto salga fino al 20% entro il 2012. Una crescita pressoché analoga dovrà avvenire nei piani societari anche nel segmento retail: i negozi con i marchi Luxottica rappresentano al momento il 6% dei 6.350 totali, ma dovranno diventare almeno il 12% entro due anni.
Il perché di questa operazione è presto detto. Intanto, c’è l’esigenza di trovare nuovi spazi di crescita per fatturato e margini. E dopo un anno record come il 2010 non sarà facile, avendo chiuso con un utile netto a 403 milioni (+35% rispetto alla stagione precedente) che ha portato a un dividendo di 44,7 centesimi per azione (in rialzo del 25,7% rispetto alla cedola dello scorsa stagione) e un indebitamente sceso a 1,35 miliardi a fine anno. Eppure, si tratta di numeri che il mercato in qualche modo si aspettava anche migliori. Da qui l’esigenza di convincere gli operatori finanziari che l’azienda può crescere ancora in termini di fatturato, peraltro nel 2010 calato del 2,1% a 5,09 miliardi.
Così, uno degli obiettivi del piano industriale per i prossimi anni è proprio quello di spostare l’asse dei ricavi. In questo momento, il gruppo realizza il 70% del fatturato in America, dove a pesare è l’apporto di Oakley. Uno sbilanciamento che ha come conseguenza immediata l’esposizione al rischio cambi. Un esempio? Gli analisti stimano che nel caso in cui il dollaro dovesse crescere del 10% gli utili di Luxottica se ne gioverebbero per una cifra attorno al 910%.
L’espansione nei mercati emergenti, sarà trainato, come detto, dalla campagna che Luxottica sta promuovendo in Cina (paese in cui la società è presente già da 14 anni) sia per quanto riguarda l’incremento dei punti vendita, sia per i piani di sviluppo del marchio RayBan. Per quale motivo Luxottica ha deciso di puntare così forte sui modelli che derivano dagli storici occhiali degli aviatori americani della seconda guerra mondiale tanto da aprire un nuovo centro di ricerca e design a Shanghai?
Una spiegazione arriva da Fabio d’Angelantonio, executive vicepresidente responsabile del marketing e dei negozi sole&lusso: «Dalle nostre ricerche emerge come RayBan sia un marchio globale che può adattarsi a tutti i mercati. Inoltre, è un marchio che corrisponde ai valori emergenti nella nuova Cina, l’intraprendenza economica, l’individualismo, l’emergere di modelli di comportamento inediti». Ma la scelta di RayBan è dettata non solo dai diktat del marketing. Si tratta di un marchio che da quando è stato rilevato da Luxottica ha sempre battuto le previsioni, e già oggi vale 1 miliardo di euro sul business wholesale. 
Ma soprattutto ha ampi margini di miglioramento proprio in Cina: se in altre parti del mondo il marchio è conosciuto da quasi il 100% dei consumatori, in Cina siamo "solo" al 39%. Inoltre, la crescita del marchio sarà accompagnata dall’apertura di 50 nuovi punti vendita nel corso dell’anno che porteranno il totale a 500 entro il 2013. Anche perché i piani di sviluppo della società di Del Vecchio prevedono che il numero di punti vendite delle catene controllate da Luxottica cresceranno dall’attuale 6% al 12% nel 2012. E un ulteriore impulso alle vendite arriverà anche dallo sviluppo dell’ecommerce (finora ostacolato in Cina dal fenomeno della contraffazione) anche grazie all’accordo con Taobao, uno dei siti più in voga del momento.
Inoltre, c’è da dire che il boom dei consumi nel nuovo colosso dell’economia mondiale sta portando anche a una rivoluzione dei costumi, con i negozi di ottica che stanno diventando come nel mondo occidentale non solo un presidio medico, ma anche un punto vendita in cui si "vende" moda e nuovi stili di vita. 
Il piano di sviluppo nei paesi emergenti, indirettamente, è anche una risposta ai pareri degli analisti che dopo la presentazione dei conti 2010 ai primi di marzo viaggiano in ordine sparso. Nonostante la maggioranza dei giudizi sia positiva, negli ultimi sette report i "buy" sono tre, ma ci sono anche due "neutral", un "hold" e un "sell". Gli analisti più dubbiosi hanno espresso qualche perplessità sui costi che Luxottica dovrà sostenere proprio per mantenere gli attuali livelli di crescita e confermare quelli dei prossimi anni. Secondo gli analisti i costi per gli investimenti in marketing e pubblicità e promozioni varie dovrebbero salire fino a 300 milioni dai 230 del 2010 e dai 200 milioni di due anni fa. Ma la crescita, soprattutto se a doppia cifra, non è mai gratis.

(il neretto è nostro)

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