VENERDI’ 12 FEBBRAIO 2010 – il Gazzettino
Leggo con stupore l’articolo pubblicato sul Gazzettino del 19 gennaio scorso, in cui il dottor Francavilla sostiene che non è Sua intenzione abbandonare il territorio bellunese, ma al tempo stesso ripete più volte che una delle problematiche da affrontare è la carenza di manodopera.
Tra le Sue dichiarazioni emerge poi che la manodopera locale «latita» e che la Sua azienda è costretta a ricercare personale «fuori dalla provincia se non addirittura da Paesi extracomunitari».
A questo punto mi chiedo come mai nel dicembre 2009, dopo tre anni di lavoro presso la Sua azienda, io come altri 30 dipendenti ci siamo visti licenziare senza alcuna motivazione. E alla nostra richiesta di spiegazioni ci siamo sentiti rispondere «Francavilla ha deciso così!».
Quale criterio è stato utilizzato per decidere chi doveva rimanere e chi doveva tornarsene a casa? E soprattutto perché lasciarci a casa per poi lamentarsi di non avere manodopera? Non mi ritengo per niente «latitante», anzi, e oltre a essere «bellunese», sono quotidianamente in attesa di una telefonata dal vostro ufficio del personale per tornare al lavoro. Lavoro che mi permetterebbe di pagare l’affitto e il mutuo che mensilmente gravano sul mio bilancio familiare. Come si dice, «oltre al danno, la beffa»: dopo il licenziamento anche la presa in giro di leggere queste Sue affermazioni sul giornale.
Mi dispiace signor Francavilla, ma fatico a credere che non troviate personale, soprattutto in questo periodo di crisi. Forse le sarebbe utile una visita agli uffici per l’impiego e all’Inps, così vedrebbe le file per la richiesta di disoccupazione.
Proprio in questi uffici, dopo le feste natalizie, ho rivisto i miei colleghi, e mi creda: non è stato affatto un incontro piacevole. Quindi, prima di lamentare la carenza di manodopera, potrebbe consultare i curricula delle persone da Lei licenziate nel dicembre 2009 e richiamarle al lavoro. Siamo in tanti, bellunesi, e abbiamo bisogno di lavorare.
da poco
ex dipendente Luxottica